giovedì 31 maggio 2007

Vi Presento Joe Black

Quale migliore ritorno alla libertà che non scaraventarsi su un comodissimo divano per godersi le sublimi immagini di un film troppo a lungo negato. Prima negato dai mille esami incombenti, poi da un laboratorio che mi ha assorbito quasi completamente. Le cose d’ora in poi, dovrebbero andare meglio.
Vi Presento Joe Black, e io ve lo presento, filtrato dalla mia vista un po’ folle e certamente distorta che ormai molti di voi hanno saputo conoscere, magari qualcuno, persino apprezzare. E poi per così dire, l’avevo promesso ad una di voi…Che dici mi son fatto aspettare Gingerina?
Veniamo al film. Una storia d’amore che ho apprezzato e gustato fino in fondo, nonostante la sua eccentricità, nonostante l’amante, in questo caso, non fosse niente meno che la Morte, personificata in Brad Pitt. Insomma il film mi è piaciuto, splendida realizzazione di non uno ma ben tre sabati sera, come a dire: ho tanto tempo libero ultimamente…E quelle scene d’amore sono incantevoli, sensuali e coinvolgenti come poche altre, una passione tanto reale e tangibile. Corpi intrecciati che palpitano all’unisono,come una cosa sola.
Tuttavia trovo che il film abbia qualche limite, soprattutto un po’ di incoerenza, d’altronde il compito non era facile, perché un personaggio come la Morte è un personaggio difficile da trattare; arduo ottenere un film che mantenga un significato, con un protagonista il cui significato è così fragile. Perché nella mia, ma penso anche nella vostra cultura, il personaggio della Morte non esiste, ad esso non è ricollegabile nessun canone, nessuna regola, nessuna tradizione. Scegliere la Morte significa non porre limiti alla creatività, ma questo significa quasi sempre perdere il significato e l’organicità della creazione.
Il risultato? A mio parere ci sono almeno un paio di scene che decisamente stonano, hanno poco senso, se non quello di concludere in qualche modo il film.
Riconosco tuttavia un grande merito, e su questo volevo spendere due parole, mi ha fatto sorgere una domanda: “Possibile lasciare una persona che si ama? È possibile farlo per il suo bene?" Domande scottanti quando in fondo mancano tre mesi alla mia partenza, alla mia sempre paurosa partenza. Che poi sono due domande, ma prima della mia risposta, vorrei sentire la vostra…

domenica 13 maggio 2007

Una recita sul lago

Presente, passato e futuro si sovrapponevano armoniosi su quella passerella, mescolati da un’aria fresca, a volte pungente, sempre presente nei ricordi di quel luogo.
Non ieri sera; persino l’aria si era quietata a salutare il nostro arrivo, rendendo la serata perfetta, stimolante, godibile e romanticissima. Arrivati tardi, come sempre, non si può proprio dire che sia semplice trovare parcheggio a Como, ma la fatica viene sempre premiata. L’unico prezzo da pagare è una prolungata camminata, ma quando ci si vede circondati da ville monumentali, giardini disseminati di aiuole curatissime, accanto a maestosi alberi centenari, la camminata si fa passeggiata, piacevolissima e suggestiva. Una sfilata di insegne colorate ci accompagna nel nostro percorso, invitandoci a provare le dolci meraviglie delle vetrine; chi non riesce a resistere a una granita, chi a un frappè, o a quelle bizzarre costosissime coppe di gelato, estasi di fresco piacere.
Ad un tratto, eccolo spuntare, il lago. E finalmente quella passerella cerimoniale: la percorriamo con passi ritmati, emozionati, quasi solenni nel voler celebrare qualcosa che non ci è dato sapere. Ospiti di una festa segreta che abbiamo saputo rendere nostra, pur conservando la dovuta riverenza verso tanto splendore. Alle nostre spalle, le luci di una città ancora vivace nonostante l’ora tarda, illuminata di una luce calda e struggente; ma di fronte a noi, come descriverlo?
Mi sentivo un attore, minuscolo puntino al centro di quell’immenso anfiteatro di monti fiammeggianti, come se un pubblico di miliardi di persone in quell’istante potesse vedermi da lontano, scorgendo a stento il mio corpo, ma fissando ogni emozione del mio cuore, ogni espressione, ogni impercettibile pensiero. Un pubblico di misteriosi personaggi che forse non conoscerò mai, se non per la mia commozione, nel vedere loro stessi commossi, mentre pensavano solo a me e a me soltanto. Perché quei monti piangevano lacrime di fuoco in quel baleno, lacrime di luce indirizzate a me e a me soltanto, e quelle fiamme scorrevano giù senza posa, agitate dalla scalpitante superficie di quel lago che faceva dei riflessi il suo gioco notturno.
Cosa avranno visto dentro di me quegli attenti osservatori? Sconosciuti, eppure commossi. A chi pensavo in quel momento di magia?

domenica 6 maggio 2007

Lo Smorrobrodo

"Come in quel sogno di un tempo la cui memoria è ormai sfumata, osservavo quel vento visibile e denso che a flutti invadeva la mia valle come tempera sul quadro di un artista; un turbinio di rigagnoli colorati tingevano quel mondo che mi fissava interrogativo: cosa farai della tua vita fluttuante? Questa la domanda di un mondo inginocchiato ai miei piedi..."
Cosa sarà della mia vita non lo so ancora, ma il colore del mio prossimo futuro l’ho scelto. Il colore della Danimarca che mi ospiterà l’anno prossimo. E se ieri ero turbato da questi giorni di studio di esami e di laboratori e di tesi e di impegni a non finire, oggi vedo l’ordine più grande delle cose, di un futuro che è nelle mie mani e sul quale posso davvero operare…libero arbitrio! Allora scusatemi se per un po’ di giorni non potrò venirvi a trovare spesso come un tempo, io ci sono e soprattutto tornerò!
Allora vi lascio solo alcune frasi vagamente ironiche che ho trovato sulla cucina Danese...o.o
"Premesso che la Danimarca non è certo una metà di gite gastronomiche (incominciamo bene...), esistono tuttavia una serie di piatti tipici molto gustosi (potevano dirlo alla fine che ci facevamo una risata…), anche se relativamente costosi.
La colazione è il piatto più abbondante, con uova, pesce e salumi (dimenticavo…non mi piacciono le uova…).
Lo smørrebrød (ditemi voi se si può mangiare una cosa con un nome del genere...letteralmente SMORROBRODO...) è il piatto tipico del pranzo: consiste in fettine di pane di segale guarnite con aringhe (si entra nel "paradiso delle aringhe"...lo ammetto si è conteso l'onore del titolo insieme allo smorrobrodo...), carne affumicata o salmone.
Viene accompagnato di solito con uova sode (tanto per cambiare…), insalate, cipolle o barbabietole. Esistono molte varianti di questo piatto, che viene servito in modi diversi sia dai grandi ristoranti che nei bar.
L’aringa, sild, è presentata in innumerevoli modi (sono arrivati alle minacce...), tra cui il platte, grande piatto freddo con aringhe, filetti di pesce, polpette di carne e formaggio.
Il wienerbrød è il dolce tipico danese, a base di pasta sfoglia, pasta di mandorle e cannella (ma personalmente dubito che non compaia l'aringa...). Molto buono ma di difficile digestione! (Non potevano fermarsi a “molto buono” dico io??…che dire, un saluto a tutti, vi manderò uno smorrobrodo surgelato dalla Danimarca...)"