lunedì 26 marzo 2007

Un'ora di quasi sonno

Weekend, la degna conclusione di una settimana intensissima e una conclusione come questa non la vivevo da tempo…Ammetto che inizialmente ero un po’ scettico, qualcosa mi diceva che dopo aver giocato a calcio per due giorni di fila, sarei stato stanco, soprattutto dopo essere stato a ballare fino alle 3.30, soprattutto dopo che i simpaticoni dell’ora legale hanno spostato la lancetta sulle 4.30, quando la partenza per le piste da sci era alle 6.00; ma perché no in fondo? Lanciamoci! Meglio seguire quello che la ragione mi diceva: “Lo sai che poi ti diverti…il resto che importa?”…. possibile fosse davvero la ragione?!?
E poi dovevo partecipare, perché era la prima vera iniziativa dell’Aex, l’Associazione degli Ex Studenti del mio liceo, di cui sono consigliere, una splendida occasione per socializzare, mantenere i contatti con persone speciali, ma anche per fare qualche nuova conoscenza. Che dire? Come spesso accade, l’unico pentimento è stato pensare: ”Come diamine ho fatto a indugiare anche solo per un secondo?”. Per fortuna sono andato.
Il compenso? Una miriade di suggestioni, bellissima la parola “miriade”, non trovate? Un inaspettato giorno di sole, nessuno ci avrebbe scommesso: che significa anche totale assenza di code, oltre ad una ben accetta abbronzatura. Una neve che…c’era! Scusate se è poco…ed era anzi soffice, cristallina, perfetta per sciare. Lo “spuntino” a base di pizzoccheri, polenta taragna e salsicce, per rimanere leggeri…infine l’immancabile bombardino, la scoperta di questo insolito cocktail a base di alcol zucchero e uovo: non proprio una delizia devo dire, se c’è una cosa che non amo molto sono proprio le uova…
Infine le spettacolari cadute, i paesaggi romantici di un antico inverno che cede all’incalzare della primavera, un piacere nella sciata e persino un’abilità che non mi sarei aspettato, dopo tre anni senza sci. In compenso, si sono preoccupati i miei muscoli, oggi, di ricordarmi quanto io e lo sci, siamo ormai due mondi lontani, che solo si sfiorano, solo un giorno su tanti. E alla fine è bianco e nero, e davanti a tanto sbrilluccicare, rimane un po’ di amarezza per questo giorno che non si ripeterà, non prima di un altro anno.

mercoledì 21 marzo 2007

Una rondine non fa prima

"Una rondine non fa prima"; ricordo quando l'anno scorso trovammo questa frase su una vecchia lavagna abbandonata, scritta con un gessetto bianco, e ora come allora mi fa sorridere. Perchè oggi è primavera e se la giornata di ieri è stata particolarmente malinconica, confido che quella di oggi porti la speranza necessaria per lottare ancora, gridare "Dans la Rue" come ricordo feci all'inizio di quest'anno. Basta ricordi.
Niente procede male, ma tutto procede lento, e non è bastato qualche nuovo corso per movimentare le cose. Quello che voglio, quello che vi auguro in questa giornata, è che il vento della primavera illumini le vostre giornate, che un sole caldo le smuova. Oggi percepisco un aria diversa, un aria carica di elettricità. Auguro che l'Amor tutto mova, che la vita nasca.
Che la vostra vita si riempia di colore, come un quadro dipinto da un artista, come una tavolozza su cui i colori ad olio si mischiano a creare infinite sfumature. Per questa giornata, il mio blog stesso diverrà una tavolozza di colori... Forse una rondine non basta...ma tutte queste sensazioni, forse faranno primavera...

giovedì 15 marzo 2007

Il portatore di piaghe

Il portatore di piaghe, questo il significato del termine “Nosferatu”, in lingua slava; il film che ho visto ieri sera, ovvero quella mitica pellicola di Murnau che risale al 1922, pietra miliare non solo del filone cinematografico sui vampiri, ma dell’intero genere horror. Il sentimento che provo verso film come questi, quando ho il raro onore di poterli osservare è indescrivibile, una quasi religiosa riverenza, verso quelle scene che hanno dettato la storia del cinema.
Un senso di stima accresciuto da un’insolita scoperta; la trama, per buona parte del film fedele al libro di Stoker, ma reambientata a Brema, violò le leggi sul diritto d’autore; l’ancora viva vedova di Stoker fece causa al film, imponendone la cancellazione; fortuna vuole che una sola copia sopravvivesse, quella salvata personalmente da Murnau, virtù e fortuna diciamo. È quest’unica copia ad essere giunta fino a noi…( e pensare che io e il mio amico osservavamo proprio quanto la pellicola fosse rovinata).
Il film è ovviamente in bianco e nero, ovviamente muto, ritmato solo da una musica coinvolgente che segue, ma anche plasma, una tensione crescente, sebbene personalmente non possa parlare di paura, per un film così datato.
Dedico una piccola parentesi a Saw 3, che ho visto venerdi sera, semplicemente orripilante, un film senza genere, perché l’horror è un’altra cosa, qualcosa intrinsecamente legato a quella cinematicità di cui già vi ho parlato, uno stile che in quanto tale ha dei canoni, e non è solo un tentativo di stupire, schifare e suscitare ribrezzo, fine a sé stesso; forse potrei salvare il primo film della serie.
Sui canoni del genere horror mi piacerebbe molto scrivere qualcosa, certo sarebbe un articolo impegnativo, ma spero di riuscire a regalarvelo. Ora invece voglio parlarvi di uno degli aspetti più spettacolari del film, di alcune tecniche rivoluzionarie e geniali, che forse stonano in un mondo in cui troppo spesso horror ed effetti speciali coincidono, ma che trasmettono l’immortale fascino di un cinema neonato e pionieristico.
Murnau realizza la spettrale foresta che circonda il castello, proiettando porzioni dei negativi della pellicola, così che alberi bianchi, luccicanti e inquietanti, si staglino sull’oscurità del paesaggio. Trasmette poi l’impressione della frenetica, irreale carrozza che procede a balzi, tutto questo troncando intere sequenze di fotogrammi. Sovrappone le pellicole, così che Nosferatu svanisca nel nulla. Rimane per me il mistero su come possa la sagoma del vampiro sollevarsi rigida dalla sua bara.

lunedì 5 marzo 2007

Edward Mani di Forbice

Ed eccomi ricomparire dopo diversi giorni di assenza, ma soprattutto dopo una stupenda colazione a base di succo d'ananas e biscotti, quegli abbracci da cui non mi separo mai, anche se qualche abbraccio più metaforico non avrebbe guastato stamattina, non guasta mai. Oggi vi parlo del film che ho visto, meglio, rivisto, questa notte, tardissimo! Sono emozionato, perchè questa pellicola mi sta a cuore profondamente, parleremo di Tim Burton, regista cui regalerei volentieri un mio oscar personale, parleremo di una delle sue prime opere, Edward Mani di Forbici.
Immagino che sarete in molti ad averlo visto, ne conoscerete la trama; una storia che è una favola narrata da una nonna alla nipotina, la storia di Edward, ragazzo taciturno ma sensibile e romantico, costruito da un geniale inventore e demiurgo, tristemente mancato prima di poter ultimare la sua creatura, prima di poter regalare delle mani umane alla sua frankensteiniana invenzione. Le mani di Edward sono affilatissime lame, le forbici con cui Edward comporrà magnifiche composizioni artistiche, potando siepi, creando fantasiose acconciature, sagomando sublimi statue di ghiaccio. Quello che fa Edward è regalare al mondo un po' di quella fantasia che il mondo ha perduto, introducendoci in uno scenario sublime appunto, tipicamente timburtiano, in cui il significato di “bello” viene capovolto.
Adoro questo senso estetico che sa unire tratti gotici, spaventosi spesso inquietanti, a un armonia segreta e meravigliosa, che stupisce e incanta, facendoti vivere una stupenda fiaba. Un romanticismo che il mondo non sa capire, come non sa capire l'occulto nascosto amore che lega Edward a Kim, unica sognatrice ragazza in grado di avvertire fino in fondo il dramma del protagonista. È l'incomprensione con questo mondo gonfiato di vane e vuote certezze che rilegherà Edward alla solitudine, alla lontananza persino dalla donna amata.
È questo il tema di fondo del film, una diversità che non sta tanto nelle lame di Edward che pur gli rendono la vita spesso impossibile, portandolo a ferire persino le persone alle quali vuole bene, una diversità che sta piuttosto nella natura gentile del ragazzo, una medievale cortesia che si inserisce in un ambiente gotico. Un'anima sognatrice che non può conciliarsi con un mondo che ha smesso di sognare, in questo senso la fantasia viene abbandonata, confinata nel suo castello sbrilluccicoso, ma non viene sconfitta; già, perchè nel finale, Edward consegna al mondo la neve, una neve che è ancora un regalo al mondo, il regalo della speranza.