sabato 24 febbraio 2007

Pomeriggio sognando un viaggio

Ancora quattro giorni mi separano da quella scadenza, quell'ultimo giorno in cui potrò presentare la domanda di partecipazione al progetto TIME (Top Industrial Management for Europe), per chi non si ricordasse, o non l'avesse mai saputo, si tratta di un progetto che mi offre la possibilità di studiare due anni all'estero, garantendomi una laurea nell'università straniera oltre a quella del Politecnico di Milano. Mi piacerebbe andare a studiare in Danimarca, presso la Technical University of Denmark, meta un po' insolita forse, ma è una delle migliori università nel mio campo di studio, e anche una delle poche se vogliamo dirla tutta. Inoltre tutti gli studenti danesi all'università studiano esclusivamente in inglese, e chi mi conosce sa che, in ambito formativo diciamo, desidererei poche cose più che imparare l'inglese davvero bene. Così, poichè fa parte di me, e poichè sono questi i pensieri che affollano queste giornate, vi scrivo qualche spezzone della lettera di motivazioni che dovrò presentare, dopo ahimè...averla tradotta in inglese...non stupitevi dunque se lo stile è meno curato del solito...(la lettera completa la metto nei permapost per chi avesse voglia di leggerla)
[...] "Spesso riflettere su una questione di tale importanza, su un cambiamento così radicale del proprio futuro, fa paura, così come non può non intimorire un viaggio, che per definizione, comporta qualche rischio, qualche incognita."
[...] "La decisione stessa è secondo me un indice della motivazione di una persona, perché a volte è molto semplice ritirarsi nel proprio mondo, nel proprio angolo, nella propria tranquillità, evitando ogni rischio, senza di fatto prendere alcuna decisione; invece no, mi sono impegnato, per mesi, per giungere a una decisione e a questa lettera."
[...] "Questo progetto mi può permettere non solo di viaggiare, ma anche di conoscere in profondità un paese straniero, una mentalità, usanze, una lingua diversa dalla mia: vedere come vivono, come studiano, come lavorano. Mi permetterà di confrontare non solo il mio paese, con quello che mi ospita, ma di confrontare me stesso, le mie opinioni, con quelle di studenti danesi, ma anche provenienti da tutto il resto del mondo."
[...] "In questo senso quello che studio risponde a queste mie esigenze, ma so anche che in Italia non sono molte le offerte di lavoro in ambiti così tecnologicamente avanzati: io non voglio precludermi nessuna possibilità, questa esperienza all’estero può essere un trampolino di lancio verso un lavoro più sicuro, ma soprattutto verso un lavoro che meglio corrisponda a quello che desidero."
[...] "È un’opportunità di mettermi in gioco, imparare a vivere da solo: perché con questo viaggio aumentano anche le responsabilità, in ogni caso sarà un’esperienza costosa, e i miei soldi non potranno bastare, ancora una volta dovrò chiedere il loro aiuto, ma voglio e saprò dimostrare di esserne degno, oltre che grato, non li deluderò."

martedì 20 febbraio 2007

Sera di una vita di un artista

Prima, o poi, l’incalzare della notte sorprende persino la luce più dolce, così come il buio sovrasta il giorno, nell’oscura speranza che non vi sia più un’ alba da festeggiare;
egli non sa che arriverà mattina, che anche oggi, come ieri, il gessetto e la lavagna, così come il bianco e il nero, giocheranno a guardia e ladri, rincorrendosi caoticamente fino a sfiorare la vertigine.
…Segreto vorticoso equilibrio della vita…
In mezzo ci sono io, sdraiato su quella linea fragile e sottile, quella miscela di luce e ombra che tutti chiamiamo, sera. E se il buio che avanza avesse ragione? Se non esistesse più alcuna mattina?
…Follia di un’inspiegabile paura del buio…
Guardo il mio letto, teatro dei più bizzarri viaggi notturni, dimora dei miei più reconditi incubi. Penso al momento in cui mi infilerò sotto quelle coperte, rabbrividisco: coperte sempre fredde, gelide, agghiaccianti; perché all’inizio sono sempre così; fredde, gelide, agghiaccianti, e mi terrorizzano.
L’idea del mio corpo che si irrigidisce in quel luogo di solitudine, in quell’incubo tangibile, mi terrorizza, ogni notte.
“It was better to go to bed to sleep. Only prayers in the chapel and then bed. He shivered and yawned. It would be lovely in bed after the sheets got a bit hot. First they were so cold to get into. He shivered to think how cold they were first.”
…Fredde gelide agghiaccianti…
Non tutto è perduto, permane la speranza che il calore del mio corpo sconfigga l’avanzata di quel gelo di tenebra.
“But then they got hot and then he could sleep. It was lovely to be tired. He yawned again. Night prayers and then bed: he shivered and wanted to yawn. It would be lovely in a few minutes. He felt a warm glow creeping up from the cold shivering sheets, warmer and warmer till he felt warm all over, ever so warm and yet he shivered a little and still wanted to yawn.”
Forse non il mio calore da solo; forse il calore dei nostri corpi, che intrecciandosi, ne formano uno unico, può vincere. Forse quel dolcissimo contatto di anima e corpo, quegli amorosi sfrigolii contro le fredde, ma tanto morbide, lisce, vellutate coperte, può davvero riscaldare il mio letto, così come un sogno può dolcemente intiepidire il sonno...
…Sogno di una notte e di noi due…

domenica 18 febbraio 2007

I miei adorati sabati sera

I miei adorati sabati sera ...Immagino che il plurale di “sabato” non esista, ma ormai mi sono dilettato con i neologismi e trovo che solo questa espressione renda bene l’idea…Ormai quello del sabato sera è un appuntamento attesissimo, non tanto per la serata fuori che cmq ieri è stata magnifica, ma in fondo non molto diversa da quella di molte altre sere infrasettimanali, quanto per quel magico fenomeno, legato ad un qualche straordinario allineamento astrale, che porta regolarmente i miei genitori fuori casa! Secondo un immancabile processo di azione-reazione, questo speciale avvenimento porta tutta una serie di personalissime conseguenze, di cui vi elenco solo la possibilità di cucinarmi quel che voglio, in dosi che voglio, con tutti i fantasiosi abbinamenti che voglio! Di mangiare sul preziosissimo tavolo, anch’esso sul preziosissimo tappeto del soggiorno! Ma soprattutto potermi godere la prima di una numerosa serie di birre (su era solo per vivacizzare la storia…) davanti al mio adorabile televisore al plasma, davanti al film che da una settimana volevo vedere!
Ieri è stato il turno del Dottor Stranamore, per chi non sapesse di cosa si tratta vi devo dare una piccola delusione, non si tratta di un film romantico come il nome lascerebbe intendere, per cui dovrete aspettare ancora un poco per conoscere le mie emozioni dopo San Valentino (scusa…:*). È un film di Kubrick, uscito nel 1964 , e come ogni volta non posso far a meno di stupirmi di quanto questo regista sappia esprimere il meglio di sè letteralmente in ogni genere. In questo caso si tratta di un genere un po’ difficile da definire, senz’altro il film presenta uno sfondo di comicità che spesso diventa vera satira politica ma al contempo non mancano i tratti che lo avvicinano molto a un documentario. Questa la mia impressione, forse viziata dal bianco e nero, dalla mancanza di una trama organica e in fondo, dell’assenza di un finale che è lasciato all’immaginazione dello spettatore.
Il tema principe è l’incubo di un conflitto atomico ai tempi della Guerra Fredda e in generale di un ordigno chiamato “La Fine Del Mondo”, un dispositivo in grado di cancellare l’uomo dalla faccia della Terra, creato allo scopo di dissuadere il nemico da un eventuale attacco atomico. Le cose nel film, purtroppo, andranno molto diversamente! Il titolo completo è “Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba”. Comunque ve ne consiglio caldamente la visione, è sinceramente stimolante e devo dire, fa riflettere, su temi che sembrano molto lontani dalla vita di tutti i giorni, ma sono molto più attuali di quanto non siamo abituati a pensare…

martedì 13 febbraio 2007

Emozioni prima di San Valentino

Finiscono gli esami, quasi. E quasi, arriva San Valentino. Oggi sono uscito a festeggiare, sentivo l’obbligo di uscire anche solo per poco, guidare per le strade, oggi, proprio oggi, illuminate dal sole, ma soprattutto, potevo finalmente godermi le piccole cose. Per un attimo, mi sono sentito di aprire il finestrino, nonostante il freddo, come nei migliori giorni primaverili, per assaporare quella fresca, stupenda aria che scuoteva gli alberi gridando libertà! Un aria gioiosa, accompagnata dalla canzone “Sitting Down Here” di Lene Marlin alla radio, contaminata dal seme della primavera, cosparsa dei primi pollini dei pioppi.
Detto questo volevo regalarvi un film…non farne la recensione...di solito quando descrivo o valuto un film, cerco di non considerare solo il piacere che provo nel guardarlo, o quello che mi suggerisce, le emozioni che mi fa vivere, al contrario provo a considerare anche quella caratteristica un po’ indefinibile che mi piace chiamare “Cinematicità”. Una dote che non è facile ritrovare in un film e penso che alla fine sia quella che distingue i grandi registi, racchiude in sé tanti parametri, lo stile, la tecnica, la capacità di innovare e al contempo quella di rifarsi ai classici del passato, l’abilità di saper ricreare una segreta armonia che rende anche il film più fantasioso, in fondo verosimile. Nel senso che dopo averlo guardato ti ripeti: “ Si non poteva essere fatta altrimenti quella scena, doveva essere così, quella trama perfetta! Quel personaggio perfetto! Il Dover Essere del film”.
Oggi non sarà così, domani è San Valentino e per una volta voglio solo lasciarmi guidare dai sentimenti, in questo periodo un po’ speciale, parlandovi di un film, a cui sono legatissimo, per tanti motivi; di nome fa “Pearl Harbour”. Ne ho sentite dire un po’ di tutti i colori su questo film, un mattone, un’americanata, troppo sdolcinato e così via…Persino la redazione del mio sito di fiducia assegna un misero voto di 2,4… Oggi sono libero di non pensarci, non mi interessa, semplicemente lo adoro, adoro ogni scena, trovo che ci siano immagini stupende, romanticissime, e soprattutto mi sa commuovere tremendamente, mi fa percepire e sfiorare il significato di amare, così credo, e cosa si può chiedere di più in questi giorni? Cosa si può chiedere di più sempre? Mi ricorda persino tanto il Maestro…Buon San Valentino a tutti!

lunedì 5 febbraio 2007

L'unione delle menti

Perseverando sulla strada dello sperimentalismo, quest’oggi vi propongo qualcosa di un po’ insolito per il mio blog, un articolo decisamente meno personale e anzi al contrario, direi, collettivo…Per una volta insomma sarete non solo gli animatori, ma i veri e propri protagonisti. Insomma state assistendo alla nascita di una nuova sezione, quella che conterrà le pagine di pubblico dominio per così dire, l’Agorà del mio blog!
INTRO…per intenderci…se volete saltate pure… Da un po’ di tempo mi porto dietro alcune di queste intricate riflessioni, ve le riporterò così come vengono, senza alcuna pretesa di completezza… Al centro del Politecnico è incisa una frase che suona così: “L’edificio della scienza è l’opera non della mente solitaria, ma delle menti associate…”, è questo lo spirito che vorrei suscitare… Eppure a volte…Le cose procedono lentamente, non tanto perché non si riesce a portarle avanti, quanto perché si è troppo occupati a difendersi dalle opinioni e dalle critiche altrui, se invece ci fosse un ambiente tale da consentire a chiunque di esprimersi liberamente, senza paura di “ritorsioni”, forse saremmo tutti più liberi di sbagliare…ma soprattutto le correzioni degli altri permetterebbero di arrivare prima alla soluzione dei problemi, è quello che propongo a voi…esprimete i vostri consensi, ma soprattutto le vostre critiche!
Risale ormai all'inizio della settimana scorsa, all'indomani della giornata mondiale della memoria, quel pranzo durante il quale discutevo su quelle che erano state le persecuzioni degli ebrei nella storia. Miei interlocutori erano mia madre e mia nonna, insomma, quello che stava prendendo corpo, era il confronto tra tre generazioni.
Così parlavo della storica e antica diaspora, e fu proprio allora che realizzai una cosa piuttosto inquietante: ovvero che ormai, non avevo la più pallida idea di quando la diaspora ebbe inizio, e perché...In fondo era solo la dimenticanza di un evento storico, anche se fondamentale per tutta la storia successiva; la vera cosa inquietante, a mio parere, era la totale ignoranza in materia religiosa. Fu così che come spesso avviene, da questa convinzione iniziale, il pensiero ha iniziato a fluttuare da una congettura all'altra, producendo la seguente idea…
Per quale motivo dovremmo porci tanti problemi riguardo a un simbolico crocifisso in un'aula? Non sarebbe invece opportuno, e decisamente più utile, rendere obbligatorio per tutti un insegnamento di “Religioni”; sottolineo il plurale, perché quello che sto dicendo non ha nulla a che fare con il credere o meno, o con la fede. Non sono forse le diverse religioni, prima di tutto, un punto saldo della cultura? Questa la parola chiave! Cultura! Perché non dovrebbero meritare le religioni di appartenere alla cultura dei popoli, così come arte, scienza, filosofia, storia?…Di essere insegnate obbligatoriamente, considerato quanto hanno influito, e influiscono sul mondo? Finalmente si potrebbe avere un po' di conoscenza vera, fondata e sincera di quelle che sono le credenze altrui, non solo per sentito dire. Non è forse doverosa, un po’ di informazione, in un mondo ancora capace di inneggiare alla guerra santa?